venerdì 23 dicembre 2011

NATALE: FESTA DELLA SPERANZA

Carissimi, sembra attuale la profezia di Isaia che dice: “Un popolo che cammina nelle tenebre vede una grande luce”. Anche a noi, oggi, sembra di camminare nel buio dell’incertezza e di una realtà sociale che sembra priva di progetti; ma nell’ascoltare  la Parola di Dio nel profondo delle nostre coscienze e ascoltando i sogni dei giovani che cercano il futuro, vediamo sorgere delle stelle di speranza nel firmamento freddo e nebuloso delle culture dominanti.  Il “freddo” è l’avidità di gruppi economici che guardano solo il proprio profitto, è un sistema commerciale che incita a soddisfare i propri bisogni di piacere, impigrendo le coscienze.
Il freddo è chiudersi nei giochi solitari di fronte al computer o nelle sale giochi.
Il freddo è l’incapacità di vivere relazioni fedeli e sincere nella coppia, con i figli, nei luoghi di lavoro.
Il freddo è quello degli occhi dei bambini non amati, aggrediti dalla violenza degli adulti.
Ed è proprio nel freddo di quest’umanità “congelata” e nel buio delle relazioni sterili che Dio viene ad abitare per ridonare il suo Amore, forza fluidificante per costruire relazioni capaci di produrre pace.
In questo freddo, dunque, la bella notizia è che Dio è vicino all’uomo anche quando sembra che l’uomo si sia allontanato da lui: un Dio che si fa prossimo, che chiede di essere preso in braccio perché vuole prenderci in braccio, che vuole realizzare il suo progetto. 
In Cristo che viene, l’umanità trova La tenerezza del Padre misericordioso, che   vuole ridare all’uomo la capacità e la bellezza di vivere la vita a misura di Dio che è amare senza misura.
Dio entra nella nostra esistenza, nella nostra storia: dall’infinita sua grandezza scende nella nostra finitudine e nella nostra pochezza ridonandoci l’identità della figliolanza divina e della fratellanza universale: ci rimette in piedi per essere capaci di relazioni autentiche nella giustizia e nell’amore. Per questo l’incarnazione del Figlio di Dio è l’inizio della nostra resurrezione ad una vita “alta” a misura della Sapienza del cuore di Dio.
Per questo, oggi, sentiamoci ancora Bethlemme perché lì si sono “compiuti i giorni del parto” e Dio ancora viene nella mangiatoia per farsi cibo. Quest’anno non “deponiamo” il bambino di plastica al centro del presepe, ma mettiamo Cristo, uomo morto per amore e risorto per amore, al centro della nostra vita, facciamoci ancora guidare dalle stelle che ci conducono di fronte a lui, per cadere in ginocchio di fronte al mistero di questa epifania trinitaria. 
Sant’Agostino ci dice che “l’incarnazione è l’adozione completa in un solo uomo di tutta l’umanità solidale”: Dio ha adottato tutto, ha assunto tutto e, proprio perché è Amore che salva, si è reso presente dove è il male, dove è il peccato, dov’è la fragilità.
Allora AUGURI perché ogni persona e ogni casa sia oggi la nuova Bethlemme.         Don Franco

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