sabato 20 febbraio 2010

Quaresima: tempo di lotta

La Quaresima inizia con le ceneri sul capo e finisce con l’acqua che ti lava i piedi. E con i piedi lavati la Chiesa ti introduce nel tempo santo del mistero pasquale. 
La Quaresima è il tempo della scelta frutto della preghiera, che ci dà la forza per lottare per la nostra liberazione. 
E’ il tempo del catecumenato di tutta la comunità e di ciascuno di noi.
“Catecumenato” significa farsi ascoltatori quotidiani della Parola che esce dalla bocca di Dio; significa rispondere alla chiamata battesimale in relazione intima di preghiera filiale con il Padre nostro. “Catecumenato” è il tempo per scardinare nella nostra coscienza le abitudini inveterate che ci hanno fatto simili al mondo: le volgarità, le prepotenze, l’avarizia, le furberie, le falsità, le invidie, le calunnie. “Catecumenato” è decidere nelle piccole/grandi cose della nostra vita feriale di voler essere liberati dal pensare e dall’agire secondo la logica di Satana e “fare segni” di rottura con il male. “Catecumenato” è pregare, cioè chiedere con umiltà a Cristo Risorto “l’illuminazione” del suo Spirito per scoprire i progetti di Dio su ciascuno di noi. 

E’ il tempo di “ridurre a cenere” gli idoli che sono nella nostra mente e nelle nostre scelte di vita. Incenerire nel fuoco della misericordia del Padre significa per noi lasciarsi contestare, lasciar mettere in crisi quelle abitudini che abbiamo appreso dal mondo pagano e che hanno offuscato la bellezza del volto di Cristo impresso in noi. E’ il tempo di una “rigenerazione” nuova e una rinascita dalle acque delle lacrime del nostro pentimento e dalle acque del battesimo, che sono come fiumi carsici nel sottosuolo delle nostre cisterne.

E’ il tempo di una trasformazione nelle radici del nostro agire morale riguardante l’uso del danaro l’uso della sessualità, l’uso del tempo. E’ il tempo della riconciliazione con il Signore che è vivo e presente nella persona del coniuge, dei figli e dei fratelli della comunità.

E’ il tempo di riallacciare legami familiari ed ecclesiali logorati o strappati. E’ il tempo di ritornare a formare un solo corpo, un solo Spirito, un solo battesimo. Dice il salmo 94:” Oggi ascoltate la sua voce, non indurite il cuore, come a Meriba ... nel deserto… Accostiamoci a Lui per rendergli grazie”.
Don Franco

L’ Odegitria


Nella Cattedrale di Bari si venera, una icona della Gran Madre di Dio Santissima invocata con il nome dell’Odegitria (“colei che indica la via”). Secondo la tradizione l’icona giunse a Bari nell’VIII secolo, nel periodo dell’eresia di Leone III Isaurico, l’ìmperatore d’Oriente dal 714 al 741 che comandò la distruzione delle immagini sacre.
Tra queste immagini vi era quella della Madonna dell’Odegitria, Maria che mostra la Via, la Via del cielo che è Cristo. A tutti è noto il travagliato e casuale arrivo a Bari dell’icona venerata a Costantinopoli presso il Monastero delle Guide, messa in salvo da due monaci, i quali di nascosto la posero su dì un’imbarcazione alla volta di Roma. Una violenta tempesta, però sorprese le imbarcazioni nei pressi di Bari, tutte le navi furono distrutte tranne quella in cui si trovava la Sacra immagine della Vergine d’argento sbalzato davanti l’altare maggiore della cripta. Questo racconto sia pur misto a leggenda, è stato a noi tramandato da una antica narrazione, scritta in lingua latina, dal Calefati. Il Vescovo Bursa accolse la Madonna e la portò nella Chiesa Cattedrale dove è da allora venerata. L’immagine attuale risale al 1500, opera del pittore Palvisino di Putignano, l’originale probabilmente era più grande e la Vergine doveva essere seduta in trono. Nel 1700 il quadro fu modificato sovrapponendogli una copertura metallica chiamata “riza”. La festa religiosa. della Madonna Odegitria, Patrona della Città e della provincia di Bari, si tiene il primo martedì di marzo e, in Cattedrale si susseguono per 8 giorni i pellegrinaggi.
Il Vescovo incontra nel periodo quaresimale tutta la comunità diocesana.L’icona è impreziosita da due corone collocate una sul capo della Vergine e l’altra sul capo del Bambin Gesù, entrambe donate dal Papa Giovanni Paolo II in occasione della storica, visita pastorale che effettuò a Bari il 26 febbraio 1984. Per le strade della Città Vecchia, ci sono tante edicole dedicate alla Vergine Odegitria e, tra di esse quella sita in Corte Gianlorenzo (popolarmente conosciuta come la Madonn’ dù uacidde) restaurata dal Circolo A.C.L.I. “DALFINO” e, nell’anno 2002 è stata collocata un’edicola che riproduce fedelmente l’Odegitria della Cattedrale in Piazza Odegitria commissionata sempre dal Circolo, opera dell’artista barese Luigi Monno.
Michele Fanelli

Il bene ama diffondersi

La Sacra Scrittura si sofferma spesso a considerare l’amore di Dio e non tanto l’amore per Dio.
La cosa più importante, non è dunque che sia l’uomo ad amare Dio, ma che è Dio ad amare l’uomo e lo faccia per primo. “In questo sta l’amore: non siamo stati noi ad amare Dio ma è lui che ha amato noi”(I Gv 4,10) e quindi: “Noi amiamo, perché egli ci ha amati per primo”(IGv 4,19).
Sant’Ireneo riflettendo su questo mistero dirà che “Adamo non può sfuggire alle mani di Dio” nel senso che queste mani continuano a modellarci per renderci simili a Lui che è l’Amore: “ O uomo se sei opera di Dio, aspetta la mano del tuo artefice, che fa tutte le cose a tempo opportuno. Presentagli un cuore malleabile e docile e conserva la forma che ci ha dato l’Artista , avendo in te l’acqua che viene da lui per non rifiutare, diventando duro, l’impronta delle sue dita. Conservando questa forma, tu salirai alla perfezione, perché l’arte di Dio nasconderà l’argilla che è in te… Se gli affiderai ciò che è tuo, cioè la fiducia e la sottomissione, riceverai la sua arte e sarai l’opera perfetta di Dio”. Le mani che Tommaso- Didimo ha afferrato perché era stato afferrato da esse, Ireneo le vede all’opera dalla Genesi alla Parusia. Le mani di Dio si erano abituate in Adamo a dirigere, tenere e portare la propria creatura”(Adv. haer., 5,5,1).
Il nostro spirito è tale che normalmente deve stare “esposto” a lungo ad un pensiero perché esso vi lasci un’impronta duratura. Nulla di ciò che lo attraversa fugacemente vi resta veramente impresso e lo trasforma.
Dobbiamo esporci al pensiero dell’amore di Dio, come la terra si espone ogni giorno al sole per ricevere da esso luce, calore e vita.
La Bibbia non fa altro che “narrare l’amore di Dio”, essa ne è come gravida. Gesù è la voce di tutta la Scrittura quando dice “il Padre vi ama”(Gv 16,27). Non importa sapere se Dio esiste, importa sapere se è amore, diceva Kierkegard, e la Bibbia ci assicura proprio questo: Dio è amore. Interroghiamo la Scrittura con un “metodo”: la lettura spirituale. Le parole del N.T. vanno lette alla luce dell’Antico Testamento. Quando l’Apostolo Paolo dice “amati” da Dio, questa parola è ricca dell’amore che Dio ha manifestato a Israele nell’AT. Ci rivolgiamo quindi ai profeti per lasciarci narrare da loro l’amore di Dio. Essi sono i primi “amici dello Sposo”. Dio ci parla del suo amore nei profeti, servendosi anzitutto dell’immagine dell’amore paterno e materno di Dio: “Quando Israele era giovinetto – dice Osea – io l’ho amato: Ad Efraim io insegnavo a camminare tenendolo per mano. Io li traevo con legami di bontà, con vincoli d’amore; ero per loro come chi solleva un bimbo alla sua guancia , mi chinavo su di lui per dargli da mangiare” (Os 11,1-4) e ancora ascoltando Geremia: “Efraim è il figlio che amo, il mio bambino, il mio incanto!
Ogni volta che lo riprendo mi ricordo di ciò, mi si commuovono le viscere e cedo alla compassione”(Ger 31,20).

Un amore paterno fatto di stimolo, sollecitazione, sicurezza e protezione.
Un amore che ne evidenzia l’accoglienza e la tenerezza. “ Si dimentica forse una donna del suo bambino, così da non commuoversi per il frutto delle sue viscere?...”(Is 49,15). “Come una consola un figlio, così io vi consolerò”(Is 66,13).
Nella scrittura troviamo anche un altro tipo di amore: quello sponsale. “Mi ricorderò di te, dell’affetto della tua giovinezza, dell’amore del tuo fidanzamento”(Ger 2,2)… “Perciò ecco, l’attirerò a me, la condurrò nel deserto e parlerò al suo cuore”(Os 2,16). “Per un breve istante ti ho abbandonata, ma ti riprenderò con immenso amore”(Is 54,8).
Caratteristica di questo amore è il desiderio: Dio desidera l’uomo!
Un’altra caratteristica è la gelosia.
Dio è un “Dio geloso”: mentre nell’uomo la gelosia è segno di debolezza, perché teme che un’altra persona più forte gli porti via il cuore della persona amata, in Dio è segno di amore e zelo in quanto conosce la debolezza della sua creatura.
Rivelando il suo amore, Dio rivela contemporaneamente anche la sua umiltà.
Dio è veramente mendicante dell’amore. E’ lui infatti che cerca, che cede, che perdona ed è sempre pronto a ricominciare da capo. Dio ama per pura gratuità. Ama perché “il bene ama diffondersi”.
Questo tempo di Quaresima sia pertanto caratterizzato da uno sforzo personale e comunitario di adesione a Cristo per essere testimoni del suo amore.
Gianni Tisti

La relazione trascendente


Ricordati, c’è qualcosa di nuovo tutti i giorni, se lo sai vedere”. (Hannah Hurnard).  Parto da questa affermazione per una riflessione sull’atteggiamento dell’uomo verso il trascendente e tutto ciò che ad esso allude.
L’individuo umano è stato definito nei secoli in tanti modi. Alcuni hanno detto che esso è un “animale capace di intelligenza”, altri addirittura che è stato l’”unico errore della natura” (Nichilisti).
Ma gli animali hanno il loro mondo fatto di istinti e sono soddisfatti così. L’uomo invece non è mai soddisfatto; lo può essere a periodi, ma mai in modo costante.  Tutto quello che avviene oggi (prostituzione, droga, pervertimento) denota una ricerca di esperienze trascendenti che vengono soddisfatte con “surrogati del mistero di Dio”. Per l’uomo il mondo è una prigione dalla quale vuole evadere, e ci sono due possibilità di farlo, quella che si serve delle esperienze aberranti e quella dei mistici.
L’evasione con la droga è la perversione della mistica” ebbe a commentare negli anni del 90 l’allora cardinal Ratzinger.

Anche Erich Fromm affermò che “l’uomo ha bisogno di un sistema di orientamento e di devozione”. Per i cristiani questo può essere tradotto nella necessità di un mediatore che gli sveli il Divino che è dentro di sé.
Io sono la promessa (di felicità) che non può essere mantenuta, e proprio in ciò consiste la mia attrattiva”.
E’ questa l’espressione che Paul Claudel, poeta francese, mette in bocca alla donna per l’uomo che ama. La donna rappresenta per il poeta la via che può far approdare alla felicità.  Essa è una realtà che allude ad un’altra, più profonda e nascosta.
I films più riusciti sono, infatti, quelli che alludono qualcosa  e lasciano alla fantasia dello spettatore le conclusioni . La pubblicità è un altro   esempio  di    allusione  a  ciò che  non  si   vede ma che in realtà si vuole proporre.  Ora anche l’universo è l’allusione di un’altra realtà ma, proprio per questo ricca di mistero e di fascino. 

Vedere tutto a volte può significare perdita dell’interesse, impoverimento dell’oggetto osservato.
Chiediamoci allora: a cosa allude la bellezza di una donna? Il sorriso di un bambino? La capacità di donazione della vita? I momenti in cui siamo felici? Lo spettacolo del tramonto o del sorgere del sole? Un cielo notturno costellato di stelle? La calma interiore che proviamo  all’alba in riva al mare?  Questo mondo è formato sulla tecnica del nascondimento. Se le cose perdessero la loro natura allusiva perderebbero la loro attrattiva.

Per abbracciare questa rivelazione c’è bisogno di un Tu diverso da me ma capace di trascendere il sublime. Un tu insignificante creerà un io insignificante.
(Riflessioni con un monaco di Noci – 1991)

Il Codice “40”

Il termine “quaresima” deriva da quello latino “quadragesima”, vocabolo che ha a che fare col numero 40. È nota l’origine biblica di tale numero, anche se esso non è tra quelli più presenti nella Bibbia (è citato 58 volte, contro, per esempio, le 390 ricorrenze del numero 7, o le 95 del numero 100). Tuttavia, alcune sue ricorrenze, di seguito elencate, fanno intuire il profondo significato spirituale del numero 40.

Il diluvio purificatore durò 40 giorni e 40 notti (Gen 7,4.12), e, al termine del nubifragio, Dio benedisse nuovamente l’uomo è stabilì con Noè e i suoi figli una nuova alleanza.

I medici egiziani impiegarono 40 giorni per l’imbalsamazione del padre di Giuseppe (Gen 50,2-3), una procedura di conservazione della salma necessaria affinché lo spirito del defunto – secondo le credenze egiziane – potesse ricongiungersi col proprio corpo il giorno della resurrezione.
Mosè rimase sul monte Sinai 40 giorni e 40 notti prima che il Signore gli consegnasse le tavole sulle quali era inciso il codice dell’Alleanza (Es 24,18). Anche quando questa fu rinnovata, dopo l’episodio del vitello d’oro, Mosè rimase nuovamente sul monte col Signore per un ugual periodo, senza mangiare, né bere.
Il viaggio del popolo ebreo verso la terra promessa dopo la fuga dall’Egitto durò invece 40 anni (Dt 2,7).
I dodici esploratori che Mosè inviò in terra di Canaan prima dell’ingresso nella terra promessa impiegarono 40 giorni per la ricognizione del territorio (Nm 13,25).
Il profeta Elia camminò per 40 giorni e 40 notti per giungere al monte Oreb, dove incontrò il Signore.
Secondo la predicazione di Giona, il termine che il Signore offrì agli abitanti di Ninive perché si convertissero fu ancora di 40 giorni (Gn 3,4).

Anche l’inizio della vita pubblica di Gesù fu preceduto da un periodo di digiuno che si protrasse per 40 giorni e 40 notti (Mt 4,2), al termine del quale Gesù vinse le tentazioni alle quali il diavolo lo sottopose.
Dai brani citati diventa evidente che il numero 40 ricorre ogni qualvolta l’uomo si prepara all’incontro col divino. Si tratta, dunque, di un numero simbolico che sottolinea la distanza che separa la natura umana da quella divina e la necessità di un percorso purificatore che riduca tale distanza. La stessa Quaresima nasce durante i primissimi secoli della vita della Chiesa come periodo di preparazione per coloro che sarebbero stati battezzati nel corso della celebrazione della Veglia Pasquale.

Ma la curiosità di chi non vuole trascurare nessun dettaglio della Parola di Dio conduce al seguente interrogativo: perché tale distanza è indicata proprio dal numero 40? Una possibile risposta, che si colloca in una zona di confine tra matematica, numerologia e cristologia sarà proposta nel numero pasquale de “La Chiesa Madre”.
Gennaro Capriati

Relazione del Dott. Luigi Ferrara Mirenzi sull’Enciclica “Caritas in Veritate”

Lo scorso 23 gennaio si è svolto il secondo incontro sull’Enciclica “Caritas in Veritate” di Papa Benedetto XVI, in programma tra le nostre iniziative.
Il dott. Ferrara Mirenzi ha messo in evidenza l’importanza dell’Enciclica quale sprono e stimolo per il cristiano che deve impegnarsi nel sociale e in politica,  con una visione sull’economia mondiale. Secondo alcuni esperti, l’Enciclica è stata definita il miglior libro di economia che sia mai stato pubblicato. Già alla fine del XIX sec., l’Enciclica “Rerum novarum” di Leone XIII, fu segno dell’attenzione della Chiesa per la realtà dell’economia, sottolineando come il lavoro deve essere al servizio dell’uomo e non viceversa.
È questa la giusta prospettiva a partire dalla quale tutto il mondo deve riflettere, a cominciare dalla globalizzazione, che rischia di ridurre il valore dell’uomo ad una pura e semplice “comparsa”.   L’economia globalizzata ha fatto emergere nuovi e preoccupanti problemi, di fronte ai quali tutti i paesi capitalizzati del mondo hanno dovuto interrogarsi. L’economia nel secolo scorso ha vissuto due forti contrapposizioni, spesso a scapito dell’uomo, accentuatesi nei conflitti mondiali: il capitalismo/liberismo e il comunismo/statalismo. Il Concilio Vaticano II (1962-65), attraverso i suoi padri,  ha riaffermato la priorità dell’uomo nei suoi molteplici aspetti.
Negli anni ‘70 un’altra importante Enciclica apre una voragine nelle coscienze: la “Populorum Progressio” di Paolo VI; sino ad arrivare ai nostri giorni con i documenti pubblicati da Giovanni Paolo II ed infine, quest’ultima di Benedetto XVI, atte a valorizzare e approfondire le precedenti e contribuire in maniera indelebile all’attuazione del bene comune a cui siamo tutti chiamati.
Valeria Fanelli

La Gioia dell'incontro

Lunedì 28 dicembre 2010 nel salone Odegitria, attiguo alla cattedrale, il gruppo anziani “Abramo e Sara” si è riunito per trascorrere una festosa serata natalizia all’insegna di una grande Tombolata.

Tutti gli anziani (oltre 70), sono stati coinvolti dal tipico gioco natalizio ritrovandosi insieme come si stesse in una grande famiglia riunita in casa per le feste natalizie.
La serata è trascorsa in un clima spensierato e gioioso: ognuno degli anziani era dotato delle apposite cartelle numeriche e pian piano che si procedeva alle estrazioni si levavano dai diversi punti della sala le voci che dichiaravano i vari ambi, terni, quaterne etc.
Alla fine con grande soddisfazione di tutti, abbiamo ringraziato di cuore don Franco, il nostro parroco, e don Alessandro, il vice-parroco, che hanno organizzato questa bella iniziativa regalandoci una gioia ed un sorriso, consolidando quel legame di amicizia che si è creato nel gruppo “Abramo e Sara”.
Emanuele Bisceglie