venerdì 23 dicembre 2011

NATALE: FESTA DELLA SPERANZA

Carissimi, sembra attuale la profezia di Isaia che dice: “Un popolo che cammina nelle tenebre vede una grande luce”. Anche a noi, oggi, sembra di camminare nel buio dell’incertezza e di una realtà sociale che sembra priva di progetti; ma nell’ascoltare  la Parola di Dio nel profondo delle nostre coscienze e ascoltando i sogni dei giovani che cercano il futuro, vediamo sorgere delle stelle di speranza nel firmamento freddo e nebuloso delle culture dominanti.  Il “freddo” è l’avidità di gruppi economici che guardano solo il proprio profitto, è un sistema commerciale che incita a soddisfare i propri bisogni di piacere, impigrendo le coscienze.
Il freddo è chiudersi nei giochi solitari di fronte al computer o nelle sale giochi.
Il freddo è l’incapacità di vivere relazioni fedeli e sincere nella coppia, con i figli, nei luoghi di lavoro.
Il freddo è quello degli occhi dei bambini non amati, aggrediti dalla violenza degli adulti.
Ed è proprio nel freddo di quest’umanità “congelata” e nel buio delle relazioni sterili che Dio viene ad abitare per ridonare il suo Amore, forza fluidificante per costruire relazioni capaci di produrre pace.
In questo freddo, dunque, la bella notizia è che Dio è vicino all’uomo anche quando sembra che l’uomo si sia allontanato da lui: un Dio che si fa prossimo, che chiede di essere preso in braccio perché vuole prenderci in braccio, che vuole realizzare il suo progetto. 
In Cristo che viene, l’umanità trova La tenerezza del Padre misericordioso, che   vuole ridare all’uomo la capacità e la bellezza di vivere la vita a misura di Dio che è amare senza misura.
Dio entra nella nostra esistenza, nella nostra storia: dall’infinita sua grandezza scende nella nostra finitudine e nella nostra pochezza ridonandoci l’identità della figliolanza divina e della fratellanza universale: ci rimette in piedi per essere capaci di relazioni autentiche nella giustizia e nell’amore. Per questo l’incarnazione del Figlio di Dio è l’inizio della nostra resurrezione ad una vita “alta” a misura della Sapienza del cuore di Dio.
Per questo, oggi, sentiamoci ancora Bethlemme perché lì si sono “compiuti i giorni del parto” e Dio ancora viene nella mangiatoia per farsi cibo. Quest’anno non “deponiamo” il bambino di plastica al centro del presepe, ma mettiamo Cristo, uomo morto per amore e risorto per amore, al centro della nostra vita, facciamoci ancora guidare dalle stelle che ci conducono di fronte a lui, per cadere in ginocchio di fronte al mistero di questa epifania trinitaria. 
Sant’Agostino ci dice che “l’incarnazione è l’adozione completa in un solo uomo di tutta l’umanità solidale”: Dio ha adottato tutto, ha assunto tutto e, proprio perché è Amore che salva, si è reso presente dove è il male, dove è il peccato, dov’è la fragilità.
Allora AUGURI perché ogni persona e ogni casa sia oggi la nuova Bethlemme.         Don Franco

Via con le Missioni Shalòm


Noi Ragazzi Shalòm abbiamo cominciato, a partire da dicembre, una nuova esperienza che caratterizzerà il nostro cammino: le missioni.
Insieme alla divisione per fasce di età (i tre anni Shalòm), ora siamo suddivisi anche in 5 squadriglie miste, ognuna caratterizzata da una missione da portare a termine e da un colore:
1. Liturgia (rosso): ha la missione di preparare e proporre le preghiere per la Messa domenicale, preparare il power-point che ci aiuta a seguire meglio la celebrazione, ed in generale di preparare le liturgie del gruppo;
2. Logistica (blu): ha la missione di prendersi cura del materiale del gruppo, di organizzare le uscite dal punto di vista tecnico, di tenere in ordine gli spazi utilizzati;
3. Diario di gruppo (bianco): ha la missione di raccogliere e raccontare le esperienze e le avventure che il gruppo vive, attraverso foto, video, articoli e di conservare così la memoria del nostro cammino;
4. Teatro (giallo): questo gruppo ha la missione di preparare, cimentandosi nell’arte della recitazione, una piccola drammatizzazione a tema, da presentare al gruppo alla fine del periodo della propria missione;
5. Bans-giochi (verde): ha la missione di animare con i bans e i giochi i momenti del gruppo, soprattutto nel quadrato e nelle uscite.
Ogni squadriglia porta avanti la sua missione per un mese, e alla fine di questo periodo si cambia con le altre squadriglie – verificando se c’è stato gioco di squadra – per avere la possibilità nel corso dell’anno di affrontare tutte le missioni.
È una sfida molto importante, che ha anche lo scopo di aiutarci a diventare più responsabili nel nostro cammino e ce la metteremo tutta per portarla a termine.
Squadriglia bianca

Il Sentiero del Mago…

Mi sono recentemente cimentato nell’appassionante lettura del poema epico “Gli Idilli del Re” nel quale, Alfed Tennyson , grande poeta inglese dell’800, rivisita una delle più incantevoli relazioni che siano mai state descritte nei secoli passati: quella fra Merlino e il giovane Artù nella grotta di cristallo.
Il punto di vista di questo libro e di altri testi sul ciclo arturiano, è che la grotta di cristallo è un luogo privilegiato del cuore umano. Il rifugio sicuro dove la voce della saggezza non conosce paura e il tumulto del mondo esterno non può entrare. C'è sempre stato un mago nella grotta di cristallo e continuerà ad esserci in eterno: bisogna solo entrarci e disporsi ad ascoltare.
Con parole non mie e prendendo spunto da varie interpretazioni, mi accingo a farvi varcare l’uscio di questa grotta, con la speranza che possiate abbeverarvi all’antica saggezza di questi insegnamenti. Avanti dunque, eccovi la prima lezione.
Disse Merlino ad Artù: “Vi è un insegnamento chiamato sentiero del mago. Ne hai mai sentito parlare?" Il giovane Artù sollevò lo sguardo dal falò che stava cercando di accendere e rispose : "No, non ne ho mai sentito parlare.  Maghi? Vuoi dire gente che agisce in modo diverso da noi?" "No, fanno come noi" riprese Merlino. "Io sono l'ultimo a conoscere questo sentiero e forse tu sarai l'ultimo ad apprenderlo". Artù alzò gli occhi dal fuoco e, attratto dal fascino di quel nuovo messaggio, pensò tra sé:  “Merlino un mago?” Non gli era mai venuta in mente una cosa del genere. I due erano vissuti tutti soli nella foresta e nella grotta di cristallo e Artù, che aveva circa dieci anni , non ricordava di aver mai conosciuto altre persone oltre a Merlino.
"Vedi, presto te ne andrai da qui" proseguì Merlino. "Andarmene? Che cosa vuoi dire?" domandò il giovane.
 "Ti mando nella palude, o, come dicono i mortali, nel mondo. Per tutti questi anni ti ho tenuto lontano dalla palude e ti ho insegnato qualcosa che non devi dimenticare, il sentiero del mago". Poi davanti a lui comparve un grosso blocco di pietra da cui fuoriusciva in parte una spada. “Che cos’è?” domandò turbato Artù. “Nulla” rispose Merlino. “Ma non te la dimenticare”. Poco dopo, la visione della spada nella roccia cominciò a svanire ed il ragazzo ebbe voglia di piangere. Aveva compreso che quell’apparizione era il saluto di Merlino, il segno dell’addio e l’inizio di un nuovo cammino.
Dopo qualche tempo, infatti, si ritrovò a Londra in una nevosa mattinata natalizia, fuori della cattedrale dove la spada nella roccia era misteriosamente riapparsa. Fra lo stupore della folla estrasse la spada (impugno il suo destino) e proclamò il diritto ad essere re vivendo ed insegnando i segreti che aveva appreso dal suo maestro e ponendosi a capo di una compagnia di cavalieri, votata al bene comune, intesa a raddrizzare i torti, proteggere i deboli, insegnare a tutti l’amore per una via casta, leale, onesta, capace di abbassare “...nell’uomo il suo orgoglio e di insegnargli alti pensieri, desiderio di amore per la verità e tutto quel che fa di un uomo un UOMO”.  Considerandolo specchio di Cristo Salvatore i suoi compagni in coro canteranno: “Il Re seguirà Cristo e noi il Re”.
Cos'è un mago? Non è uno che sia semplicemente in grado di fare della magia, ma qualcuno capace di provocare una trasformazione. Un mago può trasformare la paura in gioia, la frustrazione in soddisfazione. E’ capace di attuare la metamorfosi delle nostre caratteristiche più grette: odio, ignoranza e vergogna, in quanto esiste di più prezioso: Amore e Soddisfazione. Quindi chiunque sia capace di insegnare a diventare una persona libera e piena d'amore è per definizione un mago. Il sentiero del mago non ha un collocamento temporale: è ovunque e in nessun posto. Appartiene a tutti e nessuno.
Un giorno un discepolo si recò da un grande maestro e chiese: “Perché mi sento così oppresso interiormente, come se volessi mettermi a urlare?Il maestro rispose: “Perché è così che si sentono tutti.”
Tutti desideriamo espanderci in amore e creatività, esplorare la nostra natura spirituale, ma spesso qualcosa ci viene a mancare. Ci richiudiamo nelle nostre prigioni.Vi è, però, qualcuno che è riuscito a spezzare i vincoli che rendono così ristretta la vita, affermando che la nostra eclissi è temporanea e ci insegna a trovare il mago interiore. E' eccitante scoprire che non siamo prodotti della costrizione, della precarietà e delle crisi economiche, ma figli del miracolo.
Questa è la verità racchiusa nella grotta di cristallo, come in quella di Betlemme, la realtà profonda che riguarda ognuno di noi e che per troppo tempo è rimasta nascosta:  Il mago è dentro di Noi e desidera una cosa sola, NASCERE.
Vincenzo Salomone

“È donando che si riceve”

Dormivo e sognavo che la vita era gioia, mi svegliai e vidi che la vita era servizio. Volli servire e vidi che servire era gioia” (R. Tagore).
È proprio con questa citazione che è partita la nostra esperienza all’insegna del servizio verso gli altri. Venerdì 25 novembre noi ragazzi del 1° giovanissimi ci siamo incontrati per la nostra catechesi. In Cattedrale i nostri educatori ci hanno detto che questa sarebbe stata una catechesi “diversa” da tutte le altre. Siamo stati raggiunti da Franco Sifanno, operatore pastorale della nostra Comunità impegnato da molti anni nei progetti caritas e nel volontariato.
Ci siamo incamminati verso la stazione, nei pressi di piazza Umberto, mentre la nostra testa, curiosa, si riempiva di tanti pensieri. Giunti lì abbiamo trovato un gruppo di circa 100 persone, composto sia da italiani che da extra-comunitari, in attesa che venisse offerto loro un pasto caldo. Eravamo sorpresi ed anche un po’ intimoriti da quella realtà che non conoscevamo. È bastato poco a farci cambiare idea. Una bambina di cinque anni, Sara, ci ha accolto come noi avremmo dovuto accogliere loro. Abbiamo incominciato a giocare con lei, ad ascoltare le loro storie, ci siamo fidati l’uno dell’altro. Successivamente ci siamo divisi in gruppi ed abbiamo iniziato la distribuzione dei pasti.
Attraverso questa esperienza abbiamo compreso una parte del significato della parola “gratitudine” e di quanto un semplice sorriso possa infondere gioia e creare una relazione con l’altro. A volte siamo ciechi e vediamo solo quello che vogliamo vedere, quello che ci viene messo in evidenza. A due passi dal centro, non c’è solo lo sfarzo apparente delle vetrine di via Sparano, ma anche la triste realtà di persone sole, bisognose di ritrovare la propria dignità. Tutti noi, giovanissimi e non, siamo chiamati ad andare con gratuità e amore verso il prossimo.
Auguriamo Buon Natale a tutta la Comunità della Cattedrale, che quotidianamente ci sostiene con la preghiera  e c’insegna che: “È donando che si riceve!”.
I ragazzi del 1° giovanissimi

“De-sideribus”: il cammino dei Giovani con i 10 Comandamenti.


Quest’anno noi Giovani abbiamo intrapreso il nostro percorso catechetico scegliendo di riflettere sui 10 Comandamenti. Tutti noi, per sommi capi, li conosciamo bene, o almeno crediamo, ma ci è bastato cominciare a riflettere sulle “dieci parole”, a partire dalle ultime due, per capire che effettivamente qualcosa ci sfugge.
Non desiderare la donna d’altri”, “non desiderare la roba d’altri”. Il verbo comune all’IX e X comandamento è “desiderare”. Cosa significa “desiderare”? E che valore ha questo verbo, oggi, per noi?
Sappiamo che spesso il significato che gli è attribuito, associato ai comandamenti, è fortemente negativo. Eppure l’origine di questa parola ha in sé qualcosa di grande, di … celeste: “de sideribus”, dalle stelle. Allora perché ci leggiamo di primo acchito qualcosa di negativo?
Forse perché dal cielo, noi, ci siamo un po’ allontanati: ci imponiamo di abbandonare qualcosa, di correre lontano, di fuggire a noi stessi. Il problema, allora, potrebbe essere che ... abbiamo smesso di desiderare ciò che è veramente desiderabile. Abbiamo smesso di guardare con occhi speranzosi negli occhi di qualcuno, abbiamo smesso di parlare con fiducia a qualcuno, abbiamo imparato a fuggire dai nostri desideri, abbiamo dimenticato come questi si affrontino. Ma prima di tutto abbiamo dimenticato la natura celeste di essi: siamo nati dal desiderio di un Dio che ci ha guardati con occhi pieni di speranza  e che continua a parlarci con fiducia, che non ha mai smesso di offrirci la salvezza e che mostra ogni giorno, con gratuità, il suo amorevole desiderio.
Perché fuggire dai propri desideri? Perché non farli parlare per imparare a riconoscere ciò che attraverso di loro si annuncia?
Torniamo a sperare, torniamo a convivere con noi stessi, torniamo a sognare ad occhi aperti, con occhi puri e innocenti, con gioia e carità. Torniamo a desiderare quell’amore sincero e onesto che da sapore alla vita. Torniamo a credere nei nostri desideri più profondi per questo Natale e sotto l’albero, spesso colmo di  “falsi-bisogni”, riscopriremo il dono che può davvero riempire i nostri cuori e riportarci presso il cielo.
Melissa FELLO

Bankenstein nel Paese di Acchiappacitrulli

Questa è la breve storia di Bankestein, un antico orafo che accumulava oro e argento e il cui unico scopo nella vita era il prestigio e il potere. Sognava di: “POSSEDERE TUTTO IL PIANETA PIU’ IL 5%” e per attuare il suo piano non ebbe scrupoli a ingraziarsi i responsabili più in vista del suo governo con regali e sovvenzionamenti.
Ai suoi tempi le gente scambiava ricchezza e servizi con il baratto, l’oro o l’argento. Tutti mantenevano le loro famiglie autonomamente. I giorni di mercato erano rumorosi e allegri.  In generale tutti erano felici, godevano del frutto del proprio lavoro e si sentivano liberi di intraprendere. La precarietà era un concetto sconosciuto.
Bankenstein, sempre più eccitato dal suo piano di conquista, convocò l’assemblea cittadina e fece un annuncio: “Ho trovato una soluzione migliore del baratto, si chiama CARTA-MONETA. Trasportare carichi d’oro o argento per fare acquisti comporta fatica e il rischio di furti, mentre le merci deperiscono presto. Quindi batterò questa carta-moneta e la chiameremo dollaro. Grazie al dollaro potremo pagare qualsiasi cosa“.
Uno dei governanti, non corrotti e inviso a Bankenstein, notò: “Sarebbe più giusto che sia il Governo a battere moneta in nome del popolo e a garantirla con riserve d’oro o d’argento”.  “L’idea è mia, ma quello che dici è corretto. Faremo in questo modo” disse subito Bankenstein, ammiccando con l’occhiolino ai suoi amici del governo. “Solamente le banconote stampate nella mia banca, che, anche se privata, chiamerò BANCA CENTRALE, avranno corso legale. Io le consegnerò al governatore, eletto dal governo, che le approverà, né stabilirà il valore nominale e le distribuirà al popolo, rendendosi egli stesso garante della restituzione  attraverso OBBLIGAZIONI DI STATO redimibili con prelievo fiscale dai redditi annuali di ciascun cittadino. Se qualcuno cercherà di produrle in proprio sarà imprigionato”. 
“Ma tu che cosa ne avrai in cambio?” chiese lo stesso rompiscatole di prima. “Converrete che devo pur vivere anch’io e, per questo mio servizio, ho diritto ad essere pagato. Diciamo che per ogni 100 monete prestate , me ne dovrete restituire 105 per ogni anno di indebitamento. Le 5 monete in più saranno il mio ricarico che chiamerò INTERESSE”. Sembrava non ci fosse altra soluzione e a tutti il 5% sembrò una cifra ragionevole. Pertanto Bankenstein si mise subito al lavoro e notte e giorno cominciò a stampare moneta. La gente faceva la coda per farsi prestare il denaro e la cosa sembrava meravigliosa. A ogni prodotto  o servizio fu assegnato un valore che fu chiamato PREZZO, proporzionato al tempo necessario per produrlo. Fu così che molti cominciarono a vivere al di sopra delle proprie possibilità abbagliati dall’abbondanza di carta-moneta.
Passò un anno e Bankenstein cominciò a chiedere la restituzione del denaro prestato. Alcuni si ritrovarono più di quello che avevano preso, ma questo significava che altri ne avevano di meno poiché le banconote coniate e distribuite erano in quantità ben definita. Quelli che avevano di più, restituirono per ogni 100 monete 105 monete, ma dovettero continuare a prenderne in prestito per andare avanti.  Gli altri scoprirono per la prima volta che avevano un debito.  Non potendolo saldare, firmarono delle IPOTECHE sulle loro proprietà e si impegnarono a pagare un’ulteriore interesse. E così passò il primo anno, poi il secondo, il terzo e il debito si moltiplicò a dismisura per generazioni senza nessuna possibilità di estinzione.
Nessuno all’inizio capì che la comunità, presa nel suo insieme, non avrebbe mai potuto soddisfare il debito finché tutte le banconote non fossero state restituite, ma anche allora sarebbero mancate quelle 5 in più che non erano mai state coniate. Solamente Bankenstein si rendeva conto che era impossibile pagare l’interesse semplicemente perché quelle 5 banconote in più non esistevano. Il suo sogno era diventato realtà.
Fu così che nacque  (per dirla in breve) il  DEBITO PUBBLICO della storia dell’uomo. Una colossale truffa che, complici governi e alcuni mezzi di informazione, da qualche secolo viene perpetrata ai danni dei popoli.  Incredibilmente gli stati sovrani (che dovrebbero stampare e distribuire moneta garantendone il valore con beni reali quali oro e argento) comprano denaro virtuale dai banchieri privati (Banca d’Italia, BCE, Federal Reserve, d’Inghilterra, di Francia etc., tutte socie tra loro), che lo vendono senza alcun controvalore in oro. Spendendo solo il costo tipografico, pochi centesimi per biglietto stampato, guadagnano da ogni banconota il valore nominale e un interesse cumulabile vita-natural-durante che in Italia ammonta ormai a 1.900 miliardi di euro ( pari a Lire 3.678.913.000.000.000.000).  Nel nostro paese il giurista Prof. Giacinto Auriti, proprio per truffa ai danni degli italiani, ha denunciato l’8 marzo 1993 la Banca d’Italia (in rete sono pubblicati gli atti del processo), mentre in America fu Kennedy che, 6 mesi prima di essere ucciso, cercò di abolire questo abuso col decreto 11110 tutt’ora vigente ma inapplicato da tutti i  successivi presidenti, compreso quello attuale.
Sono in molti oggi a credere che questa sia una bella favola. Il popolo argentino ne ha fatto diretta esperienza quando, presentandosi a ritirare i soldi depositi, si è sentito dire che non esistevano più.
Questo governo, fatto di persone senz’altro più composte di chi li a preceduti (ma ahimè  banchieri),  ha purtroppo dimostrato che per avere lana si possono tosare solo le pecore, confermandosi garanti dei gruppi di potere.   A noi non resta che continuare ad aver fede in un futuro solidale e dire a quest’altro Monti, “spostati, e anch’esso si sposterà” (Mt 17, 14-21).
A cura di Vincenzo SALOMONE
Ispirato al libro Bankenstein di Marco Saba

STANZA BETANIA


L’ultimo progetto Caritas nato nella nostra comunità parrocchiale e già attivo, è quello di ridare piena dignità a persone che, per svariati motivi, si trovano in un processo di esclusione e marginalità: stanza Betania. Un luogo che offre in piena gratuità, ospitalità notturna a pellegrini, mamme con figli, parenti di persone ricoverate, ex detenuti, immigrati, etc. Questo posto di prima accoglienza è formato da una stanza arredata con tutti i confort e suppellettili, da due letti, un bagno con doccia. Stanza Betania si trova in una delle stanze dei locali di San Giacomo, che è stata ed è un punto di riferimento per i pellegrini che di passaggio per la Terra Santa chiedevano ospitalità prima di imbarcarsi per continuare  il loro cammino di fede.
La scelta di chiamarla “Stanza Betania” fa riferimento proprio alla località molto cara a Gesù, citata nei Vangeli in diversi episodi, paese dei suoi amici Marta, Maria e Lazzaro, nella casa dei quali amava ristorarsi. Un grazie ai benefattori che hanno dato la possibilità economica di realizzare materialmente questo progetto di accoglienza. Cerchiamo di avere uno sguardo attento e amorevole verso questi nostri fratelli. Non chiudiamoci nelle nostre case, apriamoci al mondo e soprattutto non dobbiamo aver paura di amare … qualcuno ci ha amato fino alla croce. Buon Natale.

Franco SIFANNO

Sulle tracce del Natale … di Gesù. (da una catechesi alle famiglie del post-battesimo)


L’Evento che ha diviso la storia tra un “prima” e un “dopo”, si ripresenta a noi in tutta la sua suggestiva atmosfera di luci e note. Peccato che spesso il contorno prenda il sopravvento sull’essenziale, distraendoci dall’umiltà della stalla di Betlemme.
La frenesia dei giorni di festa, la corsa agli ultimi regali, l’estetista, il parrucchiere, la spesa per il cenone, l’abito nuovo per la messa di mezzanotte, distolgono l’attenzione dal festeggiato, dal significato profondo del Natale stesso.
E noi? Come accogliamo il Signore nascente in casa nostra? A guardar bene si vede quanto siamo “strangolati” da un clima natalizio che di religioso mantiene solo la parvenza esteriore.
Qualcuno ritiene che si può vivere intensamente il Natale se si partecipa alla novena per tutti i nove giorni senza interruzione; qualche altro crede che basti andare alla Messa di mezzanotte e partecipare alla “processioncina” di Gesù Bambino per sentirsi bene con la propria coscienza; qualche altro pensa che sia sufficiente preparare un bel presepe. L’elenco potrebbe ancora continuare. Ma ci chiediamo: è solo questo il Natale? Non possiamo non interrogarci, non riflettere, non rispondere?
E allora? Allora, proviamo a riscoprire in noi le motivazioni che spinsero i nostri padri a celebrare questa festa e, sicuramente, scopriremo che ancora oggi è bello vivere nella fede un evento così straordinario. Proviamo a ritornare alla Sacra Scrittura, a rileggere con calma e passione le pagine della Bibbia (specialmente i Vangeli di Matteo e Luca) che si riferiscono alla nascita di Gesù, Figlio di Dio; a lasciarci guidare dall’insegnamento della Chiesa: allora scopriremo la sorgente della nostra fede e comprenderemo la vera motivazione di una festa così importante. Riusciremo a scorgere la presenza del Dio Bambino nel volto di chi mi sta accanto, di chi soffre, di chi è solo, di chi è povero. Riusciremo ad essere comunità che accoglie le diversità dell’altro e le integra in un contesto di sacra famiglia. Non è un discorso utopico o anacronistico? È la Speranza che Cristo continua a seminare nel terreno della nostra storia.
Buon Natale! Un Natale diverso, con Gesù al centro!
Angelo e Dina LEPORE

SAN GIACOMO... APERTA

Un giorno don Franco mi chiese: “Caro Enzo, vuoi tenere aperta un paio di giorni la settimana la chiesa di San Giacomo?”
Accettai con molto piacere la proposta, perché ho sempre frequentato e amato, sin da ragazzo, quella chiesa graziosa. Questa esperienza mi ha fatto sperimentare quanto essa sia apprezzata, per la sua bellezza, sia dai bar esi, sia dai turisti che arrivano durante il periodo delle crociere. La chiesa è senza dubbio bella, ma in ragione della sua vetustà necessità di restauri. Man mano che l’esperienza è andata avanti si è messo a disposizione dei visitatori una piccola brochure che illustra la storia della chiesa, arricchita di informazioni sugli stucchi, sulle tele, sui marmi e sulla pavimentazione maiolicata. Inoltre, quando è aperta, un fievole brano di musica sacra  accompagna la permanenza di chi visita. Questa attività, per me inusuale, mi ha fatto scoprire la gioia di appartenere a una “comunità parrocchiale”, anche se prima partecipavo alla santa messa della domenica sera con mia madre che non c’è più.  Questa gioia mi ha portato anche a partecipare alla catechesi che don Franco tiene il martedì e, ogni giovedì in San Giacomo, all’adorazione eucaristica.
Enzo GIORGIO