venerdì 23 dicembre 2011

Bankenstein nel Paese di Acchiappacitrulli

Questa è la breve storia di Bankestein, un antico orafo che accumulava oro e argento e il cui unico scopo nella vita era il prestigio e il potere. Sognava di: “POSSEDERE TUTTO IL PIANETA PIU’ IL 5%” e per attuare il suo piano non ebbe scrupoli a ingraziarsi i responsabili più in vista del suo governo con regali e sovvenzionamenti.
Ai suoi tempi le gente scambiava ricchezza e servizi con il baratto, l’oro o l’argento. Tutti mantenevano le loro famiglie autonomamente. I giorni di mercato erano rumorosi e allegri.  In generale tutti erano felici, godevano del frutto del proprio lavoro e si sentivano liberi di intraprendere. La precarietà era un concetto sconosciuto.
Bankenstein, sempre più eccitato dal suo piano di conquista, convocò l’assemblea cittadina e fece un annuncio: “Ho trovato una soluzione migliore del baratto, si chiama CARTA-MONETA. Trasportare carichi d’oro o argento per fare acquisti comporta fatica e il rischio di furti, mentre le merci deperiscono presto. Quindi batterò questa carta-moneta e la chiameremo dollaro. Grazie al dollaro potremo pagare qualsiasi cosa“.
Uno dei governanti, non corrotti e inviso a Bankenstein, notò: “Sarebbe più giusto che sia il Governo a battere moneta in nome del popolo e a garantirla con riserve d’oro o d’argento”.  “L’idea è mia, ma quello che dici è corretto. Faremo in questo modo” disse subito Bankenstein, ammiccando con l’occhiolino ai suoi amici del governo. “Solamente le banconote stampate nella mia banca, che, anche se privata, chiamerò BANCA CENTRALE, avranno corso legale. Io le consegnerò al governatore, eletto dal governo, che le approverà, né stabilirà il valore nominale e le distribuirà al popolo, rendendosi egli stesso garante della restituzione  attraverso OBBLIGAZIONI DI STATO redimibili con prelievo fiscale dai redditi annuali di ciascun cittadino. Se qualcuno cercherà di produrle in proprio sarà imprigionato”. 
“Ma tu che cosa ne avrai in cambio?” chiese lo stesso rompiscatole di prima. “Converrete che devo pur vivere anch’io e, per questo mio servizio, ho diritto ad essere pagato. Diciamo che per ogni 100 monete prestate , me ne dovrete restituire 105 per ogni anno di indebitamento. Le 5 monete in più saranno il mio ricarico che chiamerò INTERESSE”. Sembrava non ci fosse altra soluzione e a tutti il 5% sembrò una cifra ragionevole. Pertanto Bankenstein si mise subito al lavoro e notte e giorno cominciò a stampare moneta. La gente faceva la coda per farsi prestare il denaro e la cosa sembrava meravigliosa. A ogni prodotto  o servizio fu assegnato un valore che fu chiamato PREZZO, proporzionato al tempo necessario per produrlo. Fu così che molti cominciarono a vivere al di sopra delle proprie possibilità abbagliati dall’abbondanza di carta-moneta.
Passò un anno e Bankenstein cominciò a chiedere la restituzione del denaro prestato. Alcuni si ritrovarono più di quello che avevano preso, ma questo significava che altri ne avevano di meno poiché le banconote coniate e distribuite erano in quantità ben definita. Quelli che avevano di più, restituirono per ogni 100 monete 105 monete, ma dovettero continuare a prenderne in prestito per andare avanti.  Gli altri scoprirono per la prima volta che avevano un debito.  Non potendolo saldare, firmarono delle IPOTECHE sulle loro proprietà e si impegnarono a pagare un’ulteriore interesse. E così passò il primo anno, poi il secondo, il terzo e il debito si moltiplicò a dismisura per generazioni senza nessuna possibilità di estinzione.
Nessuno all’inizio capì che la comunità, presa nel suo insieme, non avrebbe mai potuto soddisfare il debito finché tutte le banconote non fossero state restituite, ma anche allora sarebbero mancate quelle 5 in più che non erano mai state coniate. Solamente Bankenstein si rendeva conto che era impossibile pagare l’interesse semplicemente perché quelle 5 banconote in più non esistevano. Il suo sogno era diventato realtà.
Fu così che nacque  (per dirla in breve) il  DEBITO PUBBLICO della storia dell’uomo. Una colossale truffa che, complici governi e alcuni mezzi di informazione, da qualche secolo viene perpetrata ai danni dei popoli.  Incredibilmente gli stati sovrani (che dovrebbero stampare e distribuire moneta garantendone il valore con beni reali quali oro e argento) comprano denaro virtuale dai banchieri privati (Banca d’Italia, BCE, Federal Reserve, d’Inghilterra, di Francia etc., tutte socie tra loro), che lo vendono senza alcun controvalore in oro. Spendendo solo il costo tipografico, pochi centesimi per biglietto stampato, guadagnano da ogni banconota il valore nominale e un interesse cumulabile vita-natural-durante che in Italia ammonta ormai a 1.900 miliardi di euro ( pari a Lire 3.678.913.000.000.000.000).  Nel nostro paese il giurista Prof. Giacinto Auriti, proprio per truffa ai danni degli italiani, ha denunciato l’8 marzo 1993 la Banca d’Italia (in rete sono pubblicati gli atti del processo), mentre in America fu Kennedy che, 6 mesi prima di essere ucciso, cercò di abolire questo abuso col decreto 11110 tutt’ora vigente ma inapplicato da tutti i  successivi presidenti, compreso quello attuale.
Sono in molti oggi a credere che questa sia una bella favola. Il popolo argentino ne ha fatto diretta esperienza quando, presentandosi a ritirare i soldi depositi, si è sentito dire che non esistevano più.
Questo governo, fatto di persone senz’altro più composte di chi li a preceduti (ma ahimè  banchieri),  ha purtroppo dimostrato che per avere lana si possono tosare solo le pecore, confermandosi garanti dei gruppi di potere.   A noi non resta che continuare ad aver fede in un futuro solidale e dire a quest’altro Monti, “spostati, e anch’esso si sposterà” (Mt 17, 14-21).
A cura di Vincenzo SALOMONE
Ispirato al libro Bankenstein di Marco Saba

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